Fotografi a Prato

Aggiornato il: 27/10/2022

Nell’ambito del più ampio progetto Iconografia Pratese, l’Archivio Fotografico Toscano ha eseguito una ricerca finalizzata all’individuazione e alla conoscenza dei fotografi e degli studi fotografici operanti a Prato nell'arco di quasi un secolo (1863–1950) che ha portato alla redazione di oltre quaranta schede di approfondimento.
La redazione delle schede è a cura di Oriana Goti (O.G.) e Elena Lenzi (E.L.).

Abati Ubaldo (1897 - 1994)

Nato a Prato il 3 maggio 1897, inizia a fotografare molto presto. Il padre Menotti è proprietario di una nota merceria in piazza del Duomo, fondata nel 1890; Ubaldo gli subentra nel 1920 e se ne prenderà cura per tutta la vita. Muore, quasi centenario, il 18 aprile 1994. La passione per la fotografia, che trasmetterà anche al figlio Mario, nasce già nella prima giovinezza. Poco più che ragazzo infatti, alla fine del primo decennio del Novecento, è già allievo di Martino Meucci con il quale percorre il centro storico, munito di macchina fotografica, pronto a cogliere momenti e aspetti della vita cittadina. Entra in contatto con i fotografi suoi contemporanei con i quali effettua anche uscite di gruppo. Fotografa di preferenza l’ambiente urbano e le persone: a passeggio, al mercato, intorno alle giostre e alle attrazioni della fiera di settembre, all’uscita dalla messa domenicale. Usa prevalentemente una macchina fotografica per stereoscopie, Si dedica anche allo sviluppo e alla stampa allestendo in una piccola stanza dietro la merceria un laboratorio fotografico e la camera oscura. 
(E.L.) 

Associazione Fotografica Pratese

Il nome dell’Associazione Fotografica Pratese (AFP) compare per la prima volta sulla stampa locale nel 1936, ma già l’anno precedente era citato un Gruppo Fotografico Pratese, attivo in seno alla sezione del CAI “Emilio Bertini”, i cui membri daranno poi di fatto vita all’Associazione. La sua costituzione probabilmente trae motivo e origine dalla mostra sul paesaggio toscano organizzata nel 1934 in concomitanza con le manifestazioni per l’inaugurazione della linea ferroviaria direttissima Bologna-Firenze. La mostra, ideata dall’allora commissario della sezione pratese del CAI, Sebastiano Sberna, per pubblicizzare il rifugio del Pian della Rasa costruito dalla sezione cittadina, venne esposta nel Palazzo Comunale e inaugurata dal Ministro per le Comunicazioni Umberto Puppini, presente a Prato per la mostra sulla direttissima allestita nell’adiacente Palazzo Pretorio.
Fra i fotografi vi esponevano i soci Deprez e Spagnesi. L’anno successivo, durante l’annuale appuntamento della fiera di settembre, divenuta dal 1931 Settimana pratese, il Gruppo Fotografico Pratese organizza e presenta una mostra sul tema dell’albero che registra la partecipazione di numerosi fotografi provenienti dalle associazioni di tutta Italia. Solo a partire dal 1936 le mostre fotografiche organizzate per le settimane pratesi risulteranno a nome dell’AFP - dal 1938 inglobata nell’Unione Società Italiane Arte Fotografica - e saranno, dal 1938 al 1941 (nel 1937 non ne vennero fatte) mostre di respiro nazionale con partecipanti provenienti da tutta la penisola. Molti sono i protagonisti della vicenda fotografica italiana e del rinnovamento che la riguarderà nel dopoguerra, presenti nei cataloghi di volta in volta pubblicati: Giuseppe Cavalli, Mario Finazzi, Ferruccio Leiss, Federico Wender, Vincenzo Balocchi, Alex Franchini Stappo, Giuseppe Vannucci Zauli, solo per citarne alcuni. Con la guerra, fra il 1940 e il 1945 le attività espositive internazionali e nazionali si interrompono o subiscono rallentamenti e stalli, ma ancora nel 1942 l’associazione riesce quantomeno ad allestire una pur modesta Mostra sociale con la partecipazione di oltre trenta soci. Nel dopoguerra alcuni soci se ne staccarono o divennero meno attivi, altri iniziarono a partecipare a mostre e concorsi in forma autonoma. Per quanto riguarda l’AFP se ne è potuta accertare l’attività fino al 1953. Nel 1948 sarà fra le otto associazioni fotografiche italiane che danno vita alla FIAF, ma non seguirà la strada del rinnovamento indicata nel 1947 dal “manifesto” del Gruppo La Bussola, pubblicato sul numero di maggio di Ferrania. L’idea di promuovere un nuovo e diverso concetto di fotografia, lontano dalla cronaca e dalla patina pittorialista che aveva caratterizzato il periodo precedente, probabilmente non viene recepita dai soci e il dibattito all’interno dell’Associazione deve essere rimasto ancorato ai vecchi schemi. Dell’Associazione Fotografica Pratese hanno fatto parte fra gli altri Diego Spagnesi, Arturo Ristori, Ugo Deprez, Sergio Coppini, Gino Frosini, Lelio Nutini, Ugo Sadun. Si ritrovavano pressoché giornalmente per discutere di fotografia e per organizzare le uscite presso lo studio di Adolfo Massai che stampava per loro, ed era considerato il maestro del gruppo, punto di riferimento sul piano tecnico. 

Badiani Armando (1909 - 1993)

Nipote per parte di madre di Adolfo Massai, presso il quale è mandato a lavorare da ragazzo, apre lo studio in proprio nei primi anni Quaranta, poco distante da quello dello zio Adolfo, in un palazzetto di proprietà in piazza San Francesco, dove hanno sede le autolinee dei fratelli Lazzi, sicuro richiamo per una numerosa clientela. Agli inizi degli anni Cinquanta lo studio vanta un’attività molto intensa: impiega quattro dipendenti addetti rispettivamente alla stampa, agli esterni e al ritocco; dispone al primo piano di una sala di posa, di una camera oscura e di una camera di sviluppo. Nel negozio, aperto sulla piazza, al piano strada, vende anche accessori fotografici. Dallo zio ha mutuato la passione per il ritratto al quale provvede personalmente, stampa compresa, che effettua in uno stanzino allestito sul retro del negozio al piano terra; alle fototessere sono addetti invece per lo più i dipendenti. Muore a Prato nel 1993 lasciando l’attività al figlio Andrea. 
(O. G.)

Banchi. D. (attivo entro il 1910 ca.)

Il cartoncino con marchio in oro litografato sul quale è montata l’unica sua fotografia ad oggi rinvenuta, databile al 1909 e conservata nella collezione privata di Fiorenza Frosini, è in tutto simile a quelli usati da Domenico Coppi e ciò indurrebbe a ritenere, contrariamente a quanto ipotizzato in precedenti studi, che possa trattarsi di un professionista. 
(O. G.)

Baylon Giovanni (attivo 1898 - prima metà XX sec.?)

Con ogni probabilità è uno dei sacerdoti che a Prato praticavano la fotografia per i più diversi scopi, forse il sacerdote che celebra la sua prima messa nella parrocchia di Santa Maria delle Carceri nel 1893. Di Giovanni Baylon sono note pochissime immagini, timbrate o firmate: un gruppo di studenti del locale seminario, il ritratto di un giovanissimo seminarista, alcune immagini della sede della confraternita della Misericordia e del suo cimitero. Come fotografo deve aver goduto di una certa notorietà, quanto meno negli ambienti ecclesiastici o ad essi collegati, perché le stampe della Misericordia sono ben realizzate e artisticamente montate su cartoncini a stampa floreale, e il ritratto del giovane seminarista utilizza un elegante cartone bordeaux lucido con taglio dorato recante sul retro la firma “Giovanni Baylon Prato” litografata in oro. 
(O. G.)

Bellandi Raffaello (attivo fine XIX sec.)

Fa parte, con Germano Salvi, Brunetto Conti, Ugo Deprez e Alfonso Marchini, della nutrita schiera di dilettanti legati alla Stazione Alpina fondata da Emilio Bertini nel 1885 e di cui ne è presidente dal 1886 al 1895. Curatore della seconda edizione della Guida della Val di Bisenzio del Bertini, pubblicata nel 1892 dall’editore Salvi, figura nella sezione “Fotografia” tra i partecipanti all mostra artistica operaia organizzata nel 1898 dal comitato per la realizzazione del monumento a Gaetano Magnolfi. Di lui si conoscono al momento solo le tre illustrazioni della Guida che sono tratte da sue fotografie. 
(O. G.)

Biagioni Giovanni (attivo primo decennio XX sec.)

Dell’attività fotografica di Giovanni Biagioni sono note solo poche immagini, con il timbro a inchiostro, conservate presso la Biblioteca Roncioniana: il ritratto di un religioso, una ripresa della chiesa di Filettole ed una dell’eremo di Camaldoli. Sicuramente era un dilettante, probabilmente un religioso, con una certa padronanza della tecnica perché le sue immagini sono ben strutturate e ben eseguite, inoltre montate su cartoncini goffrati e colorati. 
(O. G.)

Calamai Alimo (1886 - prima metà XX sec.?)

Niccolino Calamai, più conosciuto come Alimo - ma opera anche come “Foto Ars Calamai” – nasce a Prato il 16 luglio 1886. Inizia a fotografare nell’abitazione di piazza S. Rocco poi, probabilmente già durante gli anni della guerra, va a lavorare presso lo studio di Giuseppe Paoli che ha sede in via dei Tintori e che rileverà nel 1919. Lo stesso anno, essendo ripresi i lavori per la costruzione della linea direttissima Bologna-Firenze, stipula un accordo con l’impresa Toschi che gli permette di documentare le fasi di realizzazione della ferrovia. Ma è soprattutto con gli anni Venti che lo studio si afferma, grazie alla diffusione delle fototessere, espandendo l’attività al di fuori della città di Prato: tra il 1924 e il 1927 apre succursali a Vernio e a Sesto Fiorentino (quest’ultima sarà ceduta negli anni Cinquanta, l’altra sarà rilevata da Lelio Nutini che già operava in casa propria come dipendente per conto di Calamai). Nel 1924 impianta anche, come già aveva fatto in precedenza Giorgio Wood, un’attività estiva in Versilia, meta di villeggiatura per molti pratesi agiati, scegliendo però non Viareggio, forse fin troppo affollata di fotografi, ma Forte dei Marmi. Qualche anno dopo lo studio sarà rilevato da Narciso Luchetti che vi lavorava come dipendente. Nello studio di Prato lavorano come stampatore Carlo Silli, licenziato intorno al 1920 per le molte assenze dovute alla sua attività politica nelle file del Fascio pratese e, dal 1928 circa, il giovane Alfredo Ranfagni che vi rimarrà fino alla partenza per la guerra. Calamai vanta una delle prime licenze (1927) per la commercializzazione in città di apparecchiature fotografiche. Lo studio offre un servizio di “sviluppo e stampa per dilettanti” pubblicizzato sulla carta intestata e frequentato, anche se in misura minore rispetto all’altro di Massai, da alcuni dilettanti dell’Associazione Fotografica Pratese. Dopo la seconda guerra mondiale, l’attività sarà proseguita dagli eredi. 
(O. G.)

Ceccatelli [Silvio] (attivo 1898)

Quasi certamente si tratta di dilettante. Non si conosce il nome di battesimo, ma è probabile si tratti di Silvio (1854-1945), sacerdote e insegnante, canonico della cattedrale nel 1895, curato maggiore della cattedrale di Prato nel 1907, scrittore locale. Risulta tra i fotografi che parteciparono nel 1898 alla mostra artistica operaia indetta dal comitato per la realizzazione della statua a Gaetano Magnolfi. Non sono state rintracciate sue fotografie. 
(O. G.)

Conti Brunetto (1873 - 1913)

Fotografo dilettante, attivo all’interno dell’associazionismo pratese, nasce a Prato il 3 gennaio 1873. La famiglia risiede in via del Serraglio, il padre Fortunato è fabbricante e commerciante al minuto di pane e paste. Dopo avere intrapreso l’attività di agente assicurativo, è segretario della Regia Scuola Professionale (il futuro Istituto Tullio Buzzi) e, dal 1912, direttore del Monte di Pietà di Prato. Muore nel maggio 1913. All’attività lavorativa affianca quella per la “Società Alpina Emilio Bertini”, della quale è uno dei fondatori nel 1895 e nella quale riveste, fin dalla sua costituzione, l’importantissimo ruolo di “direttore delle gite” che organizza nei dettagli, pubblicizzando sui giornali programmi e fornendo resoconti. A questa carica si ricollegano le testimonianze, quantitativamente più significative, della sua attività di fotografo: immagini delle gite, soprattutto paesaggi montani dei dintorni di Prato e dell’Appennino pistoiese, e dei gruppi di escursionisti, destinate anche alle proiezioni luminose. Ma non sono le sole, altre fotografie sono realizzate in contesti diversi e per altre utilizzazioni, ad esempio per la stampa di cartoline postali sulle quali si qualifica come “Dilettante”. Sue fotografie propagandano presso il Governo centrale nel 1904 il tracciato della linea ferroviaria direttissima in Val di Bisenzio; altre documentano i luoghi, sempre in Val di Bisenzio, dove nel 1849 passò Giuseppe Garibaldi; altre ancora mostrano la mobilitazione della Pubblica Assistenza “L’Avvenire”, nel 1905, per raccogliere fondi da inviare nell’Italia meridionale investita da una calamità naturale. Brunetto Conti riprende anche le occasioni di festa popolare e di divertimento, come gli spettacoli di strada e i giochi in occasione della fiera. S muove quindi a tutto campo, conosciuto dai concittadini suoi contemporanei e che hanno più di un’occasione per ammirare le sue fotografie e apprezzare la sua perizia tecnica. Brunetto Conti è forse il fotografo dilettante che, più degli altri, ha operato sulla linea di confine tra dilettantismo e professione, senza però mai oltrepassarla, così sembra. Trasmette la sua passione al figlio Leopoldo che farà parte dell’Associazione Fotografica Pratese. 
(E. L.)

Coppi Domenico (1869 - 1939)

Nasce a Livorno nel 1869, ma si trasferisce ancora bambino a Firenze con la madre, Maria Bianchini, la sorellastra Maria Cerri detta Elettra e la sorella Ernesta; del padre Luigi non si hanno notizie. Nel 1917 sposa a Firenze la pratese Siebe Annita Ines Orsini: dal matrimonio non nascono figli. Muore a Prato nel 1939. Dopo aver lavorato in gioventù come carbonaio e falegname, probabilmente per provvedere alle necessità della famiglia, entra in contatto con i fotografi fiorentini Alinari e Brogi. Le prime notizie di Domenico Coppi fotografo a Prato risalgono al gennaio 1902: a questa data risulta spedita una cartolina postale con una veduta di via Magnolfi realizzata da Domenico Coppi. Con ogni probabilità in via Magnolfi inizia l’attività in propri dopo il 1902, nello stabilimento fotografico che era stato dei Salvi, quando costoro cessarono, definendosi “successore di G. Salvi”. Dopo il 1905 si trasferisce in un grande locale costruito appositamente in piazza Buonamici, in pieno centro storico: la nuova Fotografia Coppi viene inaugurata nell’aprile 1905 ed è destinata a segnare la storia della fotografia a Prato. Introdott nella migliore società cittadina, membro dell’esclusivo circolo dei Misoduli, Coppi sembra sceglier bene il momento, inserendosi nel vuoto lasciato dai Salvi e puntando tutto sulla novità di un grande e moderno locale adatto per ospitare uno studio fotografico, secondo quanto accadeva da tempo nelle grandi città. Lo studio è composto dall’ingresso, con la postazione per la cassiera e ritoccatrice, dalla sala d’aspetto, dalla sala di toilette e spogliatoio, dal laboratorio attrezzato e dalla grande e luminosa sala di posa sotto la veranda; lo completa, sulla terrazza, lo schermo denominato Luminosissima, per la proiezione di diapositive e stereoscopie a scopo pubblicitario. La Fotografia Coppi diviene il polo di attrazione dei pratesi facoltosi che desiderano un ritratto per sé o per la propria famiglia, di chi desidera posare scherzosamente in improbabili scenette (allegri bagnanti o ciclisti in corsa), degli attori impegnati sui palcoscenici cittadini, ma anche dei militari in partenza per il fronte della Grande Guerra. Domenico Coppi non esegue solo ritratti in studio; realizza anche fotografie all’aperto, soprattutto nella campagna di Schignano dove possiede una casa; fotografa al seguito dei mutilati e invalidi di guerra in gita a Trieste e Venezia, e documenta una mostra di tessuti pratesi in Tripolitania. Non mancano i collage fotografici, i fotomontaggi, le stampe “artistiche” eseguite con diversi procedimenti e tipi di carte. Cessa l’attività nel grande studio di piazza Buonamici il primo luglio 1929, afflitto da seri problemi alla vista e forse anche dalla concorrenza e da difficoltà economiche; ma non è un abbandono definitivo; successivamente infatti sembra che il fotografo abbia ripreso per qualche tempo il lavoro in un piccolo locale in piazza San Francesco. Domenico Coppi ha avuto come allievi i futuri fotografi professionisti della città: Carlo Silli, Adolfo Massai e, in particolare, un giovanissimo Alfredo Ranfagni al quale insegna amorevolmente il mestiere e al quale la moglie lascerà alla morte l’archivio dei negativi, acquisito successivamente dall’Archivio Fotografico Toscano. 
(E. L.)

Coppini Sergio (1922 - 2007)

Iniziato alla fotografia da Arturo Ristori che lo portava in giro con sé quando ancora aveva 13 anni, vinse presto il suo primo concorso fotografico, destando stupore per la giovane età. Si dedicò al lavoro di laboratorio sotto la guida di Adolfo Massai, acquisendo dimestichezza con i procedimenti della camera oscura. S’interessò particolarmente allo studio del ritratto, mostrando al tempo stesso sensibilità per tutto quanto riguarda la natura. Qualità essenziale in ogni suo lavoro sono i valori di luce che si accompagnano, per il ritratto, ad una cura specifica dell’inquadratura. Numerose le sue presenze in mostre nazionali ed internazionali. 
(da Foto di gruppo (1930-19650), catalogo della mostra)

Coronaro Riccardo (1871 - prima metà XX sec.?)

Nasce a Vicenza il 20 agosto 1871, arriva a Prato da Rovigo con la famiglia ed il fratello maggiore Giovanni nel 1917. Apre lo studio in centro, dove lavorano anche il fratello ed il figlio Alessandro; lo tiene aperto fino al 1933 quando si sposta con Giovanni a Firenze mentre il figlio aveva già lasciato Prato per Pisa nel 1929. Probabilmente già in precedenza altri membri della famiglia si erano trasferiti a Firenze e lui stesso forse aveva soggiornato nel capoluogo toscano, prima di arrivare a Prato, dove era nato il figlio. A Firenze si registra l’esistenza di un altro fotografo con lo stesso cognome, titolare dello studio E. Coronaro in Corso Tintori 20. 
(O. G.)

Deprez Ugo (1875 - 1964)

Rappresentante di prodotti chimici e assicuratore, trascorre gran parte della sua lunga esistenza a Prato, trasferendosi a Firenze quando è ormai settantenne. La passione per la fotografia fu per lui un aspetto del più generale interesse per la tecnica e le innovazioni, specialmente per quel che riguardava le motociclette e gli apparecchi radiofonici. I frequenti soggiorni nella campagna pistoiese e le numerose foto di paesaggi testimoniano il suo attaccamento alla natura. L’attività espositiva di Deprez si rivolse soprattutto all’estero, concentrandosi nel periodo 1939/1949 (Lisbona, New York, Monaco, Budapest). Come molti altri fotografi di quegli anni, prediligeva l’uso della Leika. 
(da Foto di gruppo (1930-19650), catalogo della mostra)

Fassina F. (attivo nel 1863)

Attivo a Prato intorno agli anni Sessanta dell’Ottocento, non si conosce la sede dove operava. Si ipotizza possa trattarsi di fotografo non residente. Della sua attività a Prato ci resta una sola immagine: un ritratto conservato presso un privato, databile al 1863. Fassina risulta anche come fotografo ritrattista a Firenze, inoltre si conservano un buon numero di vedute stereoscopiche riferite a Milano precedenti al 1860 con il timbro a secco “F. Fassina Fotografo” per le quali Becchetti nel suo studio sui fotografi italiani del 1978 ipotizza si tratti dello stesso fotografo spostatosi da Milano a Firenze. 
(O. G.)

Franchi Ettore (attivo 1898)

Il canonico Ettore Franchi è con Giovanni Baylon, Corrado Pezzati e quasi certamente, Silvio Ceccatelli, uno dei quattro sacerdoti che parteciparono con proprie fotografie alla mostra artistica operaia del 1898 per la realizzazione della statua di Gaetano Magnolfi per le quali ottiene la menzione. Direttore dell’Osservatorio Meteorologico della Pietà a Prato e insegnante presso il Seminario, è conosciuto per alcune pubblicazioni scientifiche edite dal 1884 al 1922. Non sono state rintracciate sue immagini. 
(O. G.)

Frosini Gino (1908 - 1980)

Di temperamento estroverso, poco incline alla disciplina scolastica, segue gli studi regolari fino all’età di 15 anni poi preferisce il lavoro. Sotto la guida del padre Giulio è avviato al mestiere nella tintoria di famiglia - tintore è anche il nonno Gabriello - che proprio agli inizi degli anni Venti si sposta da via dei Tintori negli ampi locali di viale Vittorio Veneto. Qui impara quel lavoro che lo appassiona e lo farà apprezzare nell’ambiente imprenditoriale cittadino. Creativo e pieno di interessi, coltiva diverse passioni che condivide con il gruppo degli amici della locale sezione del CAI. L’amore per la natura e per la vita all’aria aperta lo avvicineranno alla pratica sportiva; con una particolare predilezione per lo sci, la caccia e la pesca. Fra i suoi molteplici interessi anche la fotografia che pratica a tutto campo e alla quale è avviato probabilmente dal gruppo di amici del CAI, quasi tutti valenti fotografi dilettanti e membri dell’Associazione Fotografica Pratese: Ugo Deprez, Arturo Ristori, Poldino (Leopoldo) Conti, Lelio Nutini, Ottorino (Galli), Piero Corazzesi. Partecipa a partire dagli anni Trenta a numerose mostre dove viene più volte premiato. Frequenta giornalmente, come molti del gruppo (il “circolo degli amici”), lo studio di Adolfo Massai che stampa per loro, ma è probabile che si cimenti anche in proprio. Esprime la sua vena artistica nei ritratti ricercando pose costruite e facendosi anche aiutare dalla moglie, ad esempio per gli autoritratti. Talvolta si cimenta in vivaci ritocchi all’acquarello per colorare le immagini; possiede diverse macchine fotografiche Zeiss, Leica, Kodak corredate di molti accessori ed una cinepresa. Richiamato alle armi sul finire della guerra, è soldato semplice a Rovezzano per un breve periodo. Dopo la guerra, in un contesto totalmente cambiato, diminuisce la sua frequentazione dell’ambiente del CAI, mentre riprendono i suoi interessi sportivi in particolare con la caccia e la pesca. Cessano le sue partecipazioni a manifestazioni pubbliche, non abbandona la fotografia che indirizza nell’ambito privato, ritraendo i famigliari e documentando i viaggi in Italia e all’estero con vecchi e nuovi amici. Si esprime al meglio in suggestive inquadrature di paesaggio, ma trova particolar tagli di luci e ombre con altri soggetti. 
(O. G.)

Gherardi Del Turco Luigi (1880 - 1946)

Il marchese Luigi Gherardi Del Turco nasce nel 1880. Trascorre molto tempo nella fattoria di famiglia sulle colline di Filettole, nelle immediate vicinanze di Prato, seguendone con interesse e competenza le attività agricole. Nella fattoria allestisce anche un attrezzato laboratorio fotografico. Inizia a fotografare intorno al 1900, riprendendo soprattutto le attività e il lavoro dei contadini; successivamente anche la vita cittadina e l’ambiente dell’alta società alla quale appartiene: feste da ballo, cerimonie, gite, concorsi ippici. Negli anni Trenta fa parte dell’Associazione Fotografica Pratese dove frequenta fra gli altri Arturo Ristori, Diego Spagnesi, Piero Corazzesi. Continua a fotografare fino alla morte, nel 1946.
(E. L.)

Fratelli Guasti (1855 - 1944)

Giacinto (Firenze, 1855-Roma, 1945), Paolo (Firenze, 1856-1905) e Leonardo (Firenze, 185 Prato, 
1944) Guasti, insieme ad Angiolina e altri due fratelli, questi ultimi precocemente scomparsi, nascono dal matrimonio, celebrato nel 1853, di Cesare e Annunziata Becherini la quale muore prematuramente dopo appena sette anni. La cura dei figli sarà affidata da Cesare Guasti, letterato e storico illustre, gravato dagli impegni di lavoro, alla cognata Bianca che vi dedicherà la propria esistenza. I Guasti abitano a Firenze, ma trascorrono la villeggiatura e ogni altro momento libero nella grande villa di Galciana, sobborgo contadino alle porte di Prato, di proprietà della famiglia Becherini che, per la presenza pur discontinua di Cesare, diventa crocevia per gli studiosi del tempo, non solo pratesi: letterati, pittori, eruditi e religiosi spesso ospiti nella villa, peraltro frequentata anche dalle famiglie dei contadini che abitano e lavorano sulle terre di proprietà dei Guasti, nonché da conoscenti e vicini. In questo clima, i figli di Cesare, liberi dagli studi e ancora lontani dalle carriere professionali che in seguito li allontaneranno dalla famiglia e dalla città, potranno coltivare altre passioni: il disegno, in particolare Giacinto e Angiolina, ma soprattutto la fotografia che praticheranno specie in estate iniziando probabilmente già a partire dalla seconda metà degli anni Settanta e utilizzando all’inizio lastre al collodio poi sostituite da quelle alla gelatina bromuro d’argento. Non firmano, se non raramente, le fotografie che pertanto risultano prodotto di un sodalizio nato per diletto e per il desiderio di sperimentare una novità tecnica. Anche Angiolina probabilmente interviene con i fratelli, in particolare Leonardo, nella fase della stampa. I soggetti delle fotografie sono le persone e il mondo circostante; fotografano preferibilmente all’interno delle alte mura del giardino della villa o nelle aie dei contadini e negli immediati dintorni di Galciana. Sono immagini realizzate con competenza tecnica e sensibilità che ci fanno conosce un mondo oggi scomparso. Anche i tre fratelli lasceranno quell’ambiente per compiere gli studi universitari, quindi per lavorare e vivere, con vicende alterne, altrove: Giacinto diviene tecnico meccanico e ingegnere civile, poi funzionario presso la società Immobiliare di Roma dove muore nel 1945; Paolo si laurea in chimica, insegna materie scientifiche al futuro istituto “Tullio Buzzi” di Prato, poi a Lugo di Romagna, quindi si sposta a Firenze dove gestirà due farmacie, incorrendo anche in un tracollo finanziario e dove morirà nel 1905; Leonardo si laurea in ingegneria navale a Genova e presta servizio militare in marina navigando fino a Bombay; successivamente, dopo avere intrapreso l’attività edile insieme al fratello Giacinto, dirigerà dagli inizi del Novecento, e per molti anni, la cava di marmo Dervillè a Carrara (sono conservate lastre e stampe realizzate da Leonardo). Leonardo continua a fotografare anche in seguito, negli anni Trenta, quando, prima di tornare a Galciana nel 1937, abita nella zona di Giolica, alle porte di Prato. Le fotografie di questo periodo, realizzate con una “Rolley”, sono soprattutto vedute della campagna, scorci del centro cittadino e panoramiche. Seguendo l’abitudine che inizia a diffondersi tra i fotografi dilettanti attivi in quel periodo, anche Leonardo si serve dello studio di un professionista, precisamente quello di Alimo Calamai, per lo sviluppo e la stampa delle sue fotografie. Muore nel 1944. 
(E.L.)

Livi Raffaello attivo (1912 - 1915)

Nelle Guide di Prato del 1913 e del 1915 risulta che la ditta a lui intestata, in via Ricasoli ma di fatto in piazza del Comune, vicinissima allo studio Massai, insieme ai vari articoli di mesticheria, vetreria, ferramenta, chincaglieria e altro, dispone anche di una gamma completa di prodotti per la fotografia: lastre, carte, pellicole, prodotti chimici per i bagni, apparecchi e obiettivi, inoltre materiali da proiezioni e da ingrandimenti. Una fotografia di Martino Meucci del 1912 ritrae il negozio aperto, noto allora come antica mesticheria Sabatini, con all’esterno appesi i cartelli che pubblicizzano la vendita di articoli per fotografia, in particolare “fotomateriali Ganzini” e “articoli fotografici Hauff”. I dilettanti che operano in città in quel periodo sono numerosi: Meucci, Abati, il gruppo della Società Alpina con Conti, Ristori, Deprez, Bellandi, Marchini, ma anche altri come il dottor Arturo Massai, nel cui fondo di negativi è stata rinvenuta una scatola per lastre Cappelli con il marchio di vendita della mesticheria pratese di via Ricasoli. Dovevano perciò costituire una buona clientela, tale da giustificare una così variegata offerta di prodotti. 
(O. G.)

Marchini Alfonso (1876 - 1929)

Nasce a Prato nel 1876. Funzionario del Comune come Ragioniere Capo, presta i suoi servizi in diverse istituzioni pubbliche e private. Muore nel luglio 1929. Appassionato di arte, è buon disegnatore: si dedica alla miniatura e all’acquarello. Tra le sue passioni la montagna: nel 1895 fonda, con alcuni compagni di studi del “Cicognini” e altri soci, la “Società Alpina Emilio Bertini”, della quale sarà il segretario “storico” per quasi trent’anni. La sua attività di fotografo dilettante è poco conosciuta, deriva probabilmente dalla frequentazione di altri fotografi che fanno parte della Società Alpina, tra questi Brunetto Conti che nell’associazione, di cui è uno dei fondatori, riveste la carica di “direttore delle gite”. I due dirigenti operano in sinergia e le fotografie delle gite sono realizzate in alcuni casi dal Marchini che forse opera in assenza di Brunetto Conti fotografo “ufficiale” e le firma.
(E. L.)

Massai Adolfo (1888 - 1968)

Avviato probabilmente alla fotografia da Domenico Coppi, secondo la testimonianza di Alfredo Ranfagni, aprirà un proprio studio nella strada che Giorgio Wood aveva lasciato agli inizi del Novecento. Risulta molto attivo negli anni della prima guerra mondiale, quando i giovani in partenza per il fronte o già soldati in licenza, si fanno ritrarre per lasciare la propria immagine in famiglia o alle fidanzate, ma opera già intorno al 1910. Lo studio Massai è situato in un punto strategico per la città, sulla direttrice che da piazza San Francesco, dove stazionano “i legni” – le carrozze per il trasporto pubblico - porta in piazza del Duomo, passando per la piazza del Comune ed il Corso Mazzoni; è vicino alla stazione ferroviaria di Porta al Serraglio e soprattutto è vicino al biscottificio Mattei che richiama una fitta clientela per l’acquisto dei famosi “cantucci” e delle varie specialità dolciarie decantate anche da Pellegrino Artusi nel suo notissimo manuale su La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Pur essendo finita l’epoca dei grandi atelier, lo studio Massai si consolida e si ingrandisce fino ad avere ancora molti dipendenti negli anni fra le due guerre. Uno di questi è il giovane nipote, Armando Badiani, che come tanti, una volta imparato il mestiere, aprirà un’attività in proprio. Fra i negativi rimasti, conservati dall’Archivio Fotografico Toscano, stranamente non figurano i ritratti che pure costituivano l’attività principale dello studio ciò per cui avrà successo e potrà espandere l’attività. E’ testimoniata invece la sua produzione documentaria in gran parte eseguita probabilmente su commissione - Comune, scuole ed istituti privati, fabbriche, bar, alberghi - ma anche i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Negli anni Trenta, Adolfo Massai è stato per molti il maestro; da lui la sera si ritrovano i tanti dilettanti che facevano capo all’Associazione Fotografica Pratese per discutere di fotografia, ma anche per imparare a fotografare, a stampare e a sviluppare, anche se poi, il più delle volte, era lo stesso Massai che provvedeva per tutti soprattutto quando si trattava di eseguire ingrandimenti da inviare ai vari concorsi. Su una sua carta intestata che pubblicizza il servizio per i dilettanti si definisce “specialista della Leica” a significare il suo interesse e la sua passione per le novità nel settore.
(O. G.)

Massai Arturo (1876 - 1934)

Fotografo dilettante, di professione medico, nasce a Prato il 10 agosto 1876. Si laurea in Medicina e Chirurgia nel 1898; frequenta corsi di perfezionamento a Vienna, Berlino e Parigi. Dal matrimonio con Ofelia Fineschi nascono Vera, Giorgio e Marco. Nel 1905 pubblicizza sulla stampa locale il suo “Gabinetto speciale per le Malattie Nervose”, completo di “Elettroterapia”, che ha sede in piazza Santa Maria Novella a Firenze. Nel 1906, presso l’abitazione in piazza Ciardi a Prato, apre un Gabinetto di terapia fisica e radiologia dove riceve tutti i giorni; presta anche consultazioni gratuite una volta la settimana presso la farmacia Livi in piazza del Duomo. Allo scoppio della guerra, nel 1915, si arruola volontario; trascorrerà due anni al fronte, impegnato in prima linea come Capitano Medico; rientra a Prato nel 1917, decorato al valore e invalido di guerra. Nel 1920 è tra i fondatori del Fascio Pratese e due anni dopo partecipa alla marcia su Roma. Fa parte della prima amministrazione fascista del Comune di Prato; negli anni successivi partecipa alle attività delle associazioni cittadine e delle istituzioni fasciste, assumendo incarichi di rilievo; nel 1925 è nominato presidente della “Società Alpina Emilio Bertini”. Muore a Prato il 5 gennaio 1934. Tra le moltissime attività e passioni di Arturo Massai che spaziano dall’impegno politico all’esclusivo hobby dello sci, c’è la fotografia alla quale si accosta, così come altri borghesi suoi contemporanei, probabilmente tra Otto e Novecento. Si conservano sue fotografie scattate in famiglia e durante il tempo libero, immagini degli interni dello studio medico di Prato con le modernissime attrezzature tedesche delle quali si è dotato.
(E. L.)

Meucci Martino (1868 - 1931)

Impiegato comunale - alla morte sarà capo donzello del Comune di Prato - è il fotografo dilettante che più di altri lega il proprio nome alle immagini della città tra Otto e Novecento. Nato a Prato il 12 novembre 1868 da Michele e Elvira Fiorelli, riceve un’istruzione che gli permette di leggere e scrivere. Nel 1916, a 48 anni, sposa Laudomia Bardazzi. Morirà il 18 agosto 1931, un anno dopo la moglie. Di lui si conservano 261 lastre su vetro ritrovate da Alessandro Pasquini nel 1978 in Palazzo Pretorio. Rappresentano quanto finora è emerso della sua attività fotografica. Riferiscono al periodo tra il 1898 e il 1927. Probabilmente in contatto con i fotografi, dilettanti e non, del suo tempo, in possesso di ben quattro fotocamere con relativi obiettivi e accessori, Meucci fotografa quasi esclusivamente nei vicoli e nelle vie del centro storico, dove peraltro ha sempre vissuto, fornendo dal suo personale punto di vista una documentazione interessante per ricostruire la storia urbanistica e sociale della città di cui fotografa i palazzi e gli scorci, ma anche i suoi concittadini che animano le vie e le piazze, ripresi sia nella quotidianità che nei momenti eccezionali: in occasione delle manifestazioni politiche, per le celebrazioni civili e religiose, durante le feste popolari, in particolare in occasione della fiera di settembre. L’attività di dilettante non esclude l’impiego di sue fotografie al di fuori dell’ambito privato: una sua immagine ad esempio compare in una pubblicazione di carattere locale, mentre altre - soprattutto scorci cittadini, monumenti del centro storico, momenti e aspetti della fiera - sono usate per la stampa di cartoline. 
(E. L.)

Nutini [L]elio (attivo 1920 ca. - 1940 ca.)

Membro dell’Associazione Fotografica Pratese, Lelio o Elio Nutini è il dipendente di Alimo Calamai che a Vernio, nella prima metà degli anni Venti del Novecento, svolge per suo conto presso la propria abitazione, l’attività che poi rileverà per condurla in proprio. 
(O. G.)

Paoli Giuseppe (1872 - prima metà XX sec.?)

Nasce il 19 aprile 1872 a Prato dove risulta attivo dagli inizi del secolo al 1913: una sua fotografia raffigurante la chiesa di Sant’Anna a Prato compare su una cartolina di collezione privata spedita nel 1903. Nella Guida di Prato del 1913 figura alla voce “Fotografi”, con studio in via Tintori numero 240. La sua attività è poco documentata; si conservano qualche ritratto, alcune immagini dei locali e delle opere della Misericordia di Prato, vedute della città su cartoline. Probabilment per ampliare e diversificare la propria attività, inaugura alla fine del 1905 in società con Masolini, i più grande commerciante per l’illuminazione cittadina, “Il Cinematografo Moderno”, il primo cinematografo permanente a Prato, aperto in una baracca di legno nell’orto dello studio fotografico. Nel 1919 si trasferisce a Firenze. Negli stessi anni Niccolino Calamai, detto Alimo, rileva lo studio di via Tintori presso il quale lavorava come dipendente. 
(E. L.)

Pezzati Corrado (1879 - 1947)

Nasce a Prato il 25 aprile 1879; studia a Roma laureandosi in Filosofia e Teologia, torna successivamente a Prato dove, nel 1901, è ordinato sacerdote e fonda, lo stesso anno, la Congregazione Mariana degli Studenti Cattolici per formare ed educare i giovani alternando momenti di preghiera, di studio, di sport, di divertimento e svago. Insegnante di teologia e filosofia al Collegio Cicognini e al Seminario Vescovile, il canonico Pezzati è anche studioso di scienze, tanto che al Seminario costituisce un Gabinetto di Fisica e di Scienze Naturali. Nel 1910 fa arrivare da Parigi due lanterne magiche da utilizzare per scopi didattici e acquista circa tremila diapositive di vari argomenti che proietta per illustrare le sue lezioni. Allo scoppio della guerra, nel 1915, come molti dei suoi giovani studenti, parte per il fronte e la Congregazione Mariana è costretta  chiudere Nel 1920, entra a far parte della Congregazione per l’assistenza degli italiani emigrati in America di monsignor Giovan Battista Scalabrini, raggiungendo nel 1922 New York dove muore il 15 marzo 1947. L’attività fotografica di Corrado Pezzati risale almeno al 1896. Nel 1898 partecipa alla Mostra Artistica Operaia di Prato, allestita presso l’Orfanotrofio Gaetano Magnolfi per raccogliere fondi per l’erigendo monumento al benefattore. Ma è tra le immagini per le proiezioni luminose che, forse, è rintracciabile la documentazione più significativa della sua attività di fotografo. Alcuni monumenti e vedute di Prato ma, soprattutto, le gite della Congregazione Mariana tra il 1905 e il 1913, sono realizzate probabilmente da Pezzati stesso. 
(E.L.)

Ranfagni Alfredo (1912 - 1992)

Allievo di Domenico Coppi, ne frequenta la casa fin da bambino divenendo per il fotografo e per la moglie, che non hanno figli, qualcosa di più di un semplice apprendista. Non a caso è a lui che la moglie di Coppi, poco prima di morire, lascia l’archivio dei negativi e le stampe artistiche del marito che le sono rimaste. Fin dall’età di dieci/undici anni lavora al ritocco nel grande studio di piazza Buonamici dove lavora fino a qualche mese prima della sua chiusura, avvenuta nel 1929, passando alle dipendenze di Alimo Calami presso il quale resterà fino alla partenza per la guerra. Al ritorno apre uno studio in proprio dove lavora fino alla morte, 1992, ancora oggi mantenuto attivo dal figlio Piero. Nel ricco archivio Ranfagni sono da segnalare oltre alle testimonianza di molti eventi e alla documentazione varia sulla città, una serie di fotografie aeree degli anni Cinquanta/Sessanta. 
(O. G.) 

Ristori Arturo (1891 - 1974)

Se si esclude il periodo degli studi universitari, iniziati a Torino e terminati con la laurea in ingegneria a Pisa, visse sempre a Prato, radicandosi nella vita di una città alla quale era profondamente legato e dove era un personaggio conosciuto e stimato. Inseparabile dalla macchina fotografica che portava sempre con sé, ci ha lasciato fotografie di raro valore documentario sulle due guerre mondiali alle quali prese parte; nel corso della seconda persa la Leika con la qual aveva sostituito il suo primo apparecchio a lastre. A differenza degli altri appartenenti all’Associazione Fotografica Pratese, di cui fu uno dei fondatori e alla fine del 1948 anche responsabile, una parte notevole della sua produzione è di natura documentaria. Fu particolarmente attivo negli anni tra le due guerre quando promosse le escursioni del gruppo e favorì gli scambi e le collaborazioni tra l’Associazione e il CAI cui forniva numerose foto di paesaggi montani. Uno dei luoghi che più amava visitare e ritrarre fu l’Eremo di Camaldoli di cui ci sono pervenute molte immagini. I queste gite spesso lo accompagnava il suo “allievo” Sergio Coppini. Le sue fotografie riprendono aspetti di vita popolare - figure caratteristiche come i renaioli sull’ Arno o le donne che filano la rocca – ma anche nature morte e paesaggi che sono stati paragonati a quadri del Fattori. Nel laboratorio di Massai seguiva la stampa delle foto, si aggiornava sui nuovi ritrovati e discuteva con gli amici, soprattutto Spagnesi e Sadun. Quando l’ispirazione e la voglia di “cercare” le immagini vennero meno - era solito ripetere a questo proposito “non vedo più le fotografie” - l’ingegnere, come era bonariamente conosciuto e chiamato, accentuò l’aspetto documentario della sua produzione Presero corpo così le raccolte di diapositive a colori, eseguite con una Rolleiflex, sui tabernacoli di Prato e sulle via crucis delle chiese cittadine. Tra le varie località dove sono state esposte le sue fotografie: la Real Sociedad Fotografica di Madrid, la Foothial Camera Club di Pasadena (USA), la Camera Club di San Pedro (USA), il Club Fotografico de Cuba. 
(da Foto di gruppo (1930-19650), catalogo della mostra) 

Ristori Francesco (1864 - 1951)

Su una immagine conservata dall’Archivio Fotografico Toscano compare il timbro “F. Ristori dilettante”, dove la F è riconducibile con ogni probabilità a Francesco, più conosciuto per le sue attività benefiche e di impegno sociale che come fotografo. Presidente della Società corale Verdi nel 1913, lo stesso anno risulta vicepresidente dell’Associazione Agraria Mandamentale, società anonima cooperativa della quale nel 1920 lo troviamo presidente, quando il 28 febbraio firma il concordato con la Federazione dei mezzadri. Nel 1898 un suo articolo figura sulla stampa locale e in una pubblicazione a margine del numero unico Prato e la mostra artistica operaia. Fra gli espositori nella sezione fotografia della mostra organizzata dal comitato per la realizzazione della statua a Gaetano Magnolfi, ottiene una menzione insieme a Raffaello Bellandi, Giovanni Baylon, il canonico Ettore Franchi e Adelaide Salvi. E’ il padre di Arturo. 
(O. G.) 

Sadun Ugo (1900 - 1989)

Trascorsa l’infanzia a Viareggio, si stabilì a Prato nel 1920. Dal 1930 al 1944 lavora al Pignone di Firenze. Il suo approccio con la fotografia datae agli inizi del 1936 e fu casuale, dovuto all’incontro con un amico. Con una Rolleiflex “fuoco4” prese a riprendere scene di vita quotidiana. Lo stesso anno aderì all’Associazione Fotografica Pratese di cui fece parte fino al 1942. Si dedicò con attenzione al paesaggio, non potendo, per timidezza - secondo quanto lui stesso ebbe ad affermare - cimentarsi col ritratto. Maturò ben presto il passaggio definitivo al colore perché riconosce, con modestia, le maggiori difficoltà insite nell’uso del bianco e nero. Fotografa con intensità tra il 1955 e il 1961, cercando di cogliere gli aspetti più significativi di un mondo in via di scomparsa, come alcune lavorazioni artigianali o qualche mestiere oramai non più praticato. La sua è comunque una fotografia istintiva, che prescinde da qualsiasi dimestichezza con le tecniche di laboratorio. Persona estremamente schiva e riservata, amico di Spagnesi e Coppini, dichiara di fotografare per piacere personale, considerando la fotografia come uno dei suoi passatempi. Dopo aver usato la Leika, la Baldina, l’Iskro (una 6x6 di fabbricazione sovietica), l’Exacta e la Canon, in eta avanzata ha ridotto notevolmente la sua produzione, perché Prato e dintorni non hanno più segreti per lui, che non ha perciò più nulla da “scoprire”. I suoi lavori sono stati esposti al 4° Salao International du Portugal (1940), alla VIII Mostra Biennale di Torino (1950) e alla 2° mostra nazionale di Ravenna (1951
(da Foto di gruppo (1930-19650), catalogo della mostra) 

Salvi Adelaide (attiva 1898)

Della famiglia di Germano, si conosce la sua attività fotografica grazie alla notizia pubblicata su «L’Operaio» del 24 settembre 1898 relativa alla menzione ottenuta per la partecipazione all mostra artistica operaia del 1898 organizzata per la raccolta di fondi per la realizzazione della statua a Gaetano Magnolfi. Non ci sono pervenute sue immagini, né è testimoniata una sua eventuale partecipazione nell’azienda di famiglia. 
(O. G.)

Salvi Germano (1849 - 1895)

Nasce a Prato l’11 dicembre 1849 da una famiglia del popolo: il padre Giuseppe che ha lavorato presso la tipografia Contrucci intraprende l’attività tipografica e apre una cartoleria nella centrale via del Corso. Germano non frequenta studi regolari; a diciannove anni, nel 1868, realizza alcune fotografie apponendo sulle stampe un timbro con il proprio nome e l’appellativo “fotografo”. E’ probabilmente l’inizio della sua carriera, praticata sempre in stretto contatto e in sinergia con l’attività del padre. La “Litografia e Fotografia G. Salvi”, dagli anni Settanta, stampa volumi, esegue lavori tipografici poi commercializzati presso la cartoleria, fornisce servizi fotografici grazie allo stabilimento allestito in “casa propria”, nello stabile di via Magnolfi, presso la stazione. In seguito la grande insegna visibile sul palazzo, “Fotografia G. Salvi”, starà ad indicare il primo studio fotografico stabilmente operante a Prato. Dal matrimonio con Maria Rosa (o Rosalinda) Angiolini, celebrato nel 1872, non nascono figli. Dopo la morte prematura, avvenuta il 1 settembre 1895 a seguito di una breve ma implacabile malattia, sarà il fratello Silvio, il più giovane dei Salvi, nato nel 1860, ad occuparsi dello studio fotografico e a dirigere l’impresa di famiglia. Di idee democratiche, Germano Salvi partecipa attivamente alla vita sociale della città come membro dei vari comitati cittadini, società, enti morali che ne caratterizzano l’associazionismo nell’Ottocento: l’Unione Democratica, il Sodalizio Operaio di Mutuo Soccorso, la Fratellanza Cooperativa di Consumo, la Banca Operaia Cooperativa, la Società Ginnastica, la Biblioteca Circolante, il Comitato per il monumento a Giuseppe Mazzoni. Pochi mesi prima della morte è tra i fondatori della Società Alpina Emilio Bertini, fucina di molti fotografi dilettanti. Dal punto di vista professionale, ama uscire dai confini cittadini per viaggiare allo scopo di tenersi aggiornato sui rapidi progressi tecnici della fotografia e stringere rapporti con i fotografi del tempo. Visita le esposizioni di Parigi, Milano, Torino che nella seconda metà dell’Ottocento vengono organizzate numerose; ha contatti con i fotografi italiani e in particolare fiorentini, insieme ai quali promuove e organizza, a Firenze, la prima Esposizione Fotografica Italiana nel 1887, esponendo propri lavori; è tra i promotori della Società Fotografica Italiana fondata a Firenze nel 1889, e dal 1885 al 1894 diviene lo stampatore, nonché il redattore responsabile e l’amministratore, de «La Camera Oscura», la prima rivista fotografica italiana fondata nel 1863 a Milano. A Prato, è nel comitato promotore della grande Esposizione Mandamentale del 1880, alla quale presenta suoi lavori e risulta premiato con la “menzione onorevole”; partecipa all’esposizione artistica del 1894, organizzata per raccogliere fondi per il monumento al senatore pratese Giuseppe Mazzoni. Seppur senza discendenti, la sua “eredità” di fotografo non sarà dispersa; Domenico Coppi, dopo aver lavorato nello studio di via Magnolfi, intraprende l’attività professionale in proprio nel 1905, presentandosi alla città come “successore di G. Salvi”. 
(E.L.)

Salvi Silvio (1860 - prima metà XX sec.?)

Nato a Prato nel 1860, è il minore dei fratelli Salvi. Gestisce la ditta Fotografia e Litografia G. Salvi dalla morte di Germano, avvenuta nell’estate 1895, fino al 1902, quando si trasferisce a Milano. Con Camillo Dami è tra i fondatori, nel 1897, della Camera del lavoro di Prato e nel 1898 compare in diverse sezioni della Mostra artistica operaia; nella sezione fotografica ottiene la medaglia di bronzo, ma raccoglie riconoscimenti anche nelle sezioni artistica e tipografica per la 
collaborazione ad un lavoro della ditta paterna. 
(O. G.)

Salvi Cristiani Innocenzo (1832 - 1906)

Dilettante attivo intorno al 1860. Ha una solida cultura classica sostenuta dagli studi in giurisprudenza. Come molti aristocratici del tempo, coltiva per passatempo la propria vena artistica che si esprime soprattutto in rappresentazione pittoriche e grafiche dei paesaggi delle zone in cui abita, come Sant’Anna di Prato, o che frequenta, come Viareggio e il Mugello. Della sua attività di fotografo amatoriale si hanno notizie in forma indiretta: un suo dipinto del 1860 con veduta panoramica di Prato è stato ritenuto tratto da una sua fotografia. 
(O. G.)

Salvi Cristiani Luigi (attivo 1910)

Sindaco di Prato dal luglio 1908 al giugno 1909, Luigi Salvi Cristiani, ingegnere, figlio di Innocenzo, coltiva come il padre la passione per la fotografia che ci è documentata da una veduta panoramica di Prato ripresa precedentemente al 1910 dalla villa nei pressi di S. Anna e conservata presso la locale Agenzia per il Turismo. 
(O. G.)

Silli Carlo (attivo 1930-1943)

Come Foto Silli opera principalmente negli anni Trenta del Novecento nella centralissima piazza del Comune. Impegnato politicamente nei ranghi del fascismo, è un attivista della prima ora e proprio per le molte assenze dovute all’attività politica nel 1920 viene licenziato da Alimo Calamai, presso il quale lavorava come stampatore. Nel 1922 lo ritroviamo alle dipendenze di Domenico Coppi dove rimarrà fino alla chiusura dello studio, quando si mette in proprio. Allontanatosi da Prato, vi rientra temporaneamente nel 1938 e si sposta definitivamente a Verona nel 1943, dopo che nel 1939 vi si era sposato. 
(O. G.)

Spagnesi Diego (1898 - 1970)

Personaggio estroso, con molteplici interessi nei quali univa al divertimento una cura e un’attenzione particolari. Dopo aver preso parte al primo conflitto mondiale, andò a lavorare in banca come impiegato. Manifestò la propria passione per la fotografia fin da giovane, i suoi primi soggetti furono i famigliari. Mostrò da subito na notevole capacità nelle riprese dei paesaggi, delle scene documentarie, degli aspetti della vita domestica; una qualità che aveva sviluppato dipingendo. Trasferì la passione che aveva per l’acquerello nelle sue foto dove è frequente il ritocco o la colorazione a mano e dove non è difficile individuare un certo gusto pittorico, riscontrabile anche nei nudi di vago sapore dannunziano. Ormai avanti negli anni, diradò la produzione fotografica e si perfezionò in alcune tecniche di pittura, come l’olio o la sabbia, frequentando alcune scuole di Firenze, che era tra le mete preferite delle sue passeggiate come documentano le numerose sue fotografie pervenute. La sua grande vitalità è dimostrata anche dalla produzione casalinga di caramelle, pasticche, profumi e cosmetici, adoperati per una seppur limitata attività di truccatore al teatro Metastasio. Come fotografo, ebbe il periodo di maggiore produzione tra il 1935 e il 1950. La sua macchina preferita era la Leika, ma ne possedeva molte altre, tra cui una piccola Minox. Dopo la seconda guerra mondiale, provò anche a sviluppare e stampare in casa; ma lo studio fotografico Massai rimase per lui un sicuro punto di riferimento dove incontrarsi con Ristori, Coppini e Sadun, i suoi migliori amici, insieme a Nedo Ferroni. A sottolineare i rapporti che intercorrevano tra i membri dell’Associazione Fotografica Pratese e lo spirito di emulazione, si ricorda un aneddoto che riguardava proprio Spegnesi: fece tagliare un albero per rendere più difficile l’identificazione del luogo che aveva scelto per riprendere un particolare paesaggistico e comunque perché nessun altro potesse riprodurre quello che aveva fotografato. Cominciò ad esporre nel 1936, con mostre a Montecatini, Livorno, Siena e Firenze. La sua foto forse più famosa Ritorno tra il 1936 e il 1947 fu premiata ed esposta nei saloni internazionali di ben 47 città di tutto il mondo. 
(da Foto di gruppo (1930-19650), catalogo della mostra)

Tomellini Luigi (1880 -1966)

Figlio di Leopoldo, direttore sanitario a Prato dell’ospedale Misericordia e Dolce, ne segue la carriera laureandosi nel 1904 in medicina legale. Trasferitosi a Genova, dove esercita la libera professione di medico legale per oltre sessant’anni, vi muore nel 1966 e chiede di essere sepolto a Prato. Abbiamo notizie della sua passione dilettantistica per la fotografia, perché espone nella sezione “Fotografia” alla mostra artistica operaia del 1898 organizzata per la realizzazione della statua a Gaetano Magnolfi, dove viene premiato con la medaglia di bronzo. Non sono conosciute sue fotografie. 
(O. G.)

Visconti Demetrio (attivo intorno al 1868)

Conosciuto come incisore, fa parte della numerosa schiera di fotografi degli inizi che avviano la pratica fotografica in collegamento con l’attività artistica, che nel suo caso era prevalentemente di vedutista. Di idee liberali, attivamente impegnato, è fra gli artisti che a Prato,così come in altre località, nel 1847 celebrano l’istituzione della Guardia civica toscana concessa dal Granduca Leopoldo II, nei cui ruoli risulta iscritto (Terza Compagnia, Quartiere Datini). A quella data è residente allo Spirito Santo, mentre nel 1868 sappiamo da un annuncio sulla stampa locale che è attivo come fotografo in via del Prezzemolo, nei pressi di Porta Pistoiese, una delle porte a ovest della città. Nel 1880 realizza l’immagine grafica che sarà simbolo della grande Esposizione Artistica Industriale cittadina nei locali del Collegio Cicognini. Non si conoscono sue fotografie. 
(O. G.)

Voliani Leonetto (1899 - 1976)

Fu tra i “ragazzi del ’99” che presero parte alla prima guerra mondiale. A Prato arrivò con la famiglia alla fine degli anni ’20 aprendovi una filiale della ditta paterna che curava la spedizione delle merci, per via aerea e marittima. Si appassionò alla fotografia soprattutto nel secondo dopoguerra quando prese a ritrarre febbrilmente tutto e tutti, prestando maggior attenzione ai paesaggi e ai particolari: di persone, animali o cose. Sorpreso a fotografare lungo la ferrovia, fu scambiato per una spia e m esso agli arresti per due o tre giorni. Tra le fotocamere che utilizzava, la Leika, la Rectaflex, l’Ikonta e la Rolleiflex ; prediligeva il bianco e nero, con qualche concessione al colore nelle diapositive. Tra il 1947 e il 1952 fu assiduo frequentatore dello studio Massai dove collaborava allo sviluppo e stampa dei lavori, sia suoi che quelli degli altri, non disdegnando, secondo un’abitudine del periodo, il ritocco a mano. Nel 1952 andò ad abitare a Firenze, dove allacciò rapporti di amicizia con numerosi fotografi fiorentini. Tra il 1940 e il 1958 ha esposto, in molte città italiane, inoltre in Portogallo, a Cuba, in Spagna, in Argentina e in Francia. 
(da Foto di gruppo (1930-19650), catalogo della mostra) 

Wood Giorgio (1848 - prima metà XX sec.?)

Nato a Firenze nel 1848, sposato con la pratese Maddalena Vivaldi, è attivo in città come fotografo almeno a partire dal 1876. I primi indizi riconducono a San Martino di Prato dove possiede un “Laboratorio Fotografico”, poi nel giugno 1876 si sposta nel centro cittadino in via Banchelli al numero civico 90 e nel 1880 nella centralissima via dell’Appianato che da quell’anno si chiamerà via Ricasoli: la “Fotografia Artistica Giorgio Wood” sarà al numero 315. Nel 1903 si sposta a Viareggio dove peraltro già operava. Della sua produzione sono conservati alcuni ritratti in studio, ma non mancano notizie e documenti di fotografie a chiese addobbate per solenni celebrazioni, a immagini sacre, a scorci cittadini. Partecipa all’Esposizione Mandamentale Pratese del 1880 e vi ottiene la “menzione onorevole” nella sezione Belle Arti; nel 1884 è presente all’esposizione di Napoli dove sarà premiato con medaglia d’oro. Fotografo professionista, svolge almeno una seconda attività, ma non sappiamo quanto parallela alla fotografica: nel 1874 offre i suoi servizi agli apicoltori, ma solo nei giorni festivi. Ha la passione per il teatro e recita in compagnie di dilettanti: nel 1875 è impegnato al Teatro Rossi di Prato, mentre nel 1879 recita in una serie di spettacoli al Teatro Fortini di Poggio a Caiano. 
(E. L.)